La musica non si ferma mai, nemmeno con un virus così insidioso e violento come il Covid-19. È successo anche l’altra sera sintonizzandomi su Rai1, dove ho potuto assistere a uno degli spettacoli più emozionanti degli ultimi anni, Musica che unisce.
Probabilmente ci voleva un’emergenza simile per aggiornare i palinsesti e sperimentare realmente un nuovo linguaggio televisivo. Senza dubbio da migliorare perché non privo di qualche sbavatura, ma almeno qualcosa di più moderno, forse l’esempio più efficace di sintesi tra un mezzo longevo come la tv e l’estetica più innovativa e per certi versi più interessante che arriva da Instagram e gli altri social. Un carosello ininterrotto di artisti, sportivi e esperti della comunità scientifica, riuniti insieme per un nobile scopo, raccogliere fondi da destinare alla Protezione Civile, che sta facendo salti mortali nel tentativo di arginare al più presto questa emergenza sanitaria ormai mondiale.
Inquadrature più o meno amatoriali, banditi gli effetti speciali, schermi che si sdoppiano, si triplicano, gli artisti che parlano in camera come se si rivolgessero a un gruppo ristretto di amici. Ripresi nell’intimità dei loro palcoscenici casalinghi, i cantanti si esibiscono senza applausi, luci e inutili orpelli, facendo risuonare ancora più potente la loro voce. Attori, comici e tanta gente comune esprimono senza filtri il loro stato d’animo in un momento così surreale che ha stravolto le abitudini, immobilizzato il verbo fare e sospeso il futuro.
“La musica è sempre stato il mio terreno di cura” rivela candidamente Tiziano Ferro dalla sua casa di Los Angeles. Oltre a lui ci sono Marco Mengoni, Emma, Alessandra Amoroso, Francesco Gabbani, i Negramaro, Andrea Bocelli e tanti, tanti altri.
C’è chi intona uno dei pezzi più iconici del repertorio, chi offre una nuova interpretazione dell’ultimo singolo, insomma ognuno è libero di esprimersi come meglio crede in un clima disteso, spontaneo, ma di grande coinvolgimento, però.
Il valore aggiunto è la voce narrante, quella inconfondibile di Vincenzo Mollica, enciclopedia vivente del mondo dello spettacolo, che ha fatto da trait d’union tra tutti gli interventi. Poco prima della messa in onda lui ha dichiarato al Corriere della Sera che questa maratona ha voluto essere un insieme di abbracci, musica e parole, da regalare a chi doverosamente e coscienziosamente resta a casa e si attiene alle regole prescritte dal governo. È un doveroso contributo alla Protezione Civile, un autentico fiore all’occhiello del nostro bel Paese, affinché possa continuare ad aiutarci ogni giorno.
Che altro aggiungere? Di serate così speciali ce ne vorrebbero altre perché la musica è lo specchio del tempo, non si è fermata neanche di fronte al lockdown – basta ricordare i flashmob improvvisati sui balconi – perché la necessità di ascoltare è più forte, trovare conforto nelle parole più urgente. Allora ciò che resta è continuare a sognare un mondo dove ci si possa ancora stringere la mano, ma per il momento lasciamoci abbracciare virtualmente dalla musica. E quasi quasi poi se tutto andrà bene, d’ora in avanti ci faremo anche più caso perché non sarà più così scontato. Alla prossima!