In tutta sincerità devo ammettere di non amare per niente i mesi di gennaio e febbraio. Non so per quale preciso motivo ma il mio stato d’inquietudine sale, il senso di solitudine e malinconia diventano più pressanti e uno scoramento totale si avvinghia attorno a me come una fastidiosa erba infestante.
Insomma non si prospetta uno tra i periodi migliori e, se avessi la bacchetta magica, salterei volentieri le prime due pagine del calendario per essere catapultata direttamente nei mesi più miti, non solo dal punto di vista climatico ma auspicabilmente anche dal punto di vista psicologico. Proprio nei momenti in cui mi viene da sprofondare nel più fitto torpore si insidia in me il desiderio irrefrenabile di mettermi in viaggio e lasciarmi trasportare lontano.
Tutto ciò può essere riconducibile in parte alla sindrome di Wanderlust, il bisogno irresistibile di partire per esplorare il mondo, ma anche all’esigenza personale di concedermi un’appagamento temporaneo, una pausa dalla tediosa normalità. In questi termini il viaggio assume un valore curativo, rappresenta la possibilità di vivere nuove esperienze che possano aiutare ad alleviare insoddisfazioni e inquietudini personali.
Quindi, in virtù di ciò, un giorno o l’altro mi piacerebbe salire su un treno e partire senza una destinazione in mente. L’importante è che vada lontano, molto lontano perché voglio avere tutto il tempo per riflettere e gustarmi il paesaggio che scorre dal finestrino sotto i miei occhi. Ascoltare lo sferragliare delle rotaie, godermi il buio delle gallerie e all’improvviso l’esplodere della luce al loro finire. Poi potrà capitare di incrociare lo sguardo di chi mi siede accanto o di fronte, immaginarmi la sua vita da quei pochi indizi che lascia trasparire.
In treno, sì, proprio in treno perché lo considero uno dei mezzi più poetici che privilegia il viaggiare con lentezza e in libertà, guidandoti alla ricerca di un luogo ideale dove riuscire a stare bene, sentirsi al sicuro, sviluppare un forte senso d’appartenenza, senza necessariamente esserci nato. I treni macinano chilometri, avanti e indietro, tra le stazioni delle città di tutto il mondo in cui migliaia di vite si incontrano sul filo di una ferrovia. Evadere per poi però anche tornare, perché come diceva lo scrittore irlandese George Augustus Moore “si può percorrere il mondo intero in cerca di qualcosa che ci serve e torniamo a casa per trovarlo”. Alla prossima!