Concordo totalmente con quelli che pensano che non ci sia scrittura senza lettura. Sulla base di questa idea è nata la rubrica Il libro del mese, uno spazio dove si cerca di consigliare le storie più belle e i romanzi più coinvolgenti a chi considera leggere non solo un passatempo ma una passione che ritempra, edifica e arricchisce.

Questa volta è il turno di La più amata, il romanzo di Teresa Ciabatti, di cui, se siete lettori attenti o assidui frequentatori di librerie, avrete certamente sentito parlare in questi ultimi mesi. L’autrice collabora regolarmente con “Il Corriere della Sera” e con “La Lettura” e ha già scritto altri romanzi, accolti, però, con sterile entusiasmo dalla critica.

Tutto è improvvisamente cambiato con la pubblicazione del suo ultimo romanzo La più amata. Da lì è partito il carosello di elogi da parte delle firme più autorevoli sia dell’editoria che del giornalismo. Per suggellare questo successo inaspettato e quasi difficile da gestire per una scrittrice refrattaria alla vita sociale, come lei spesso si definisce, La più amata è arrivata seconda al premio letterario italiano più ambito, il Premio Strega 2017, alle spalle di Le otto montagne di Paolo Cognetti, attualmente primo anche nelle classifiche di vendita.

 

In una recente intervista l’autrice ha dichiarato che il suo romanzo non è altro che il sapiente gioco letterario tra verità e finzione di un materiale narrativo a lei sì familiare ma che non le appartiene. Tende a ribadire con incontestabile certezza che il suo scopo non è raccontare la sua storia, dato che tanti credono si tratti di una vicenda biografica e la voce narrante porti proprio il suo nome: <<Mi chiamo Teresa Ciabatti, ho quarantaquattro anni e non trovo pace>>. Lei minimizza dicendo che è solo un alter ego fittizio. In realtà qualcosa di sé lo lascia trapelare, moltiplicando però la sensazione di smarrimento in cui pare voler affondare il lettore mentre ripercorre a ritroso alcune delle tappe più importanti della sua vita.

Attraverso le pagine del romanzo la scrittrice cerca di placare i tormenti di donna incompiuta, cercando di recuperare e ricostruire in maniera ossessiva la verità sul padre, genitore tanto amato, oggetto di vere idolatrie, ma in realtà una figura per troppo tempo fraintesa. La figura paterna o meglio quella del Professore, primario dell’ospedale di Orbetello, è onnipresente. Inizialmente viene descritto quasi con timore reverenziale, avvolto in un’aura di santità e venerato da chiunque, per poi tramutarsi in uomo senza scrupoli, calcolatore, vendicativo, bugiardo, amante del potere e fascista incallito.

Un linguaggio semplice ma incisivo e tagliente come una lama trascina il lettore in un viaggio alla ricerca e allo svelamento di una verità che rimarrà sfuggente, inafferrabile dall’inizio alla fine. A Teresa Ciabatti va riconosciuto, oltre a un innegabile talento per la forza e l’originalità del suo racconto, la capacità di destreggiarsi in un labirinto narrativo apparentemente inestricabile, progettato su fatti realmente accaduti e fatti immaginari. Uno su tutti la perdita, a suo parere immotivata, della lussuosa villa con piscina all’Argentario che la scrittrice ha vissuto come un lutto, uno sradicamento del senso di appartenenza, lo smarrimento della propria identità tanto che a distanza di venti anni cerca, invano, di riacquistare dall’attuale proprietario russo, quasi come a voler riappropriarsi della sua infanzia.

Per tutto il romanzo permarrà un ritratto alquanto sfumato di Lorenzo Ciabatti, il padre misterioso, che a ventisei anni dalla sua morte, la figlia ha l’ossessione di inseguire, studiarne le tracce, scovarne i segreti almeno solo per capire il motivo per cui lui le avesse fatto credere di essere davvero la più amata (<<La gioia, l’orgoglio, l’amore del Professore Lorenzo Ciabatti>>). Alla prossima!