Dopo esserci abbandonati oltre ogni misura agli stravizi satrapici della tavola durante le festività appena trascorse, il libro che vorrei proporre questo mese racconta una storia diametralmente opposta. Qui il cibo viene spogliato di ogni piacere e diviene il marcatore di un disagio esistenziale che condurrà la protagonista, Yeong-hye, all’inizio moglie fedele e figlia ubbidiente, verso la totale dissoluzione. La vegetariana è il titolo di questo romanzo straziante e rassicurante come una strada completamente deserta e buia, alla cui autrice sudcoreana, Han Kang, è valso il Man Booker International Prize 2016, il più importante premio letterario del Regno Unito, dedicato alla narrativa tradotta in inglese. Il rifiuto drastico di mangiare, cucinare e servire carne si manifesta in Yeong-hye una mattina al risveglio, quando comunica più volte al marito, sconcertato per l’atteggiamento inusuale della consorte: “…Ho fatto un sogno”. La sua voce è meccanica, lo sguardo fisso e non sa dare ulteriori spiegazioni per questa sua scelta così improvvisa e radicale. Che non sarà mai condivisa ma addirittura duramente contestata dal padre dispotico. In realtà non esiste una vera motivazione. Questa avversione potrebbe anche rappresentare la sua ribellione alle pressioni, alla violenza e ai condizionamenti sociali ma la coralità dei punti di vista delle voci narranti fa sì che il romanzo moltiplichi la sensazione di smarrimento. È come se l’autrice volesse intenzionalmente lasciare uno spazio vuoto, non specificare altro, affondare il lettore, pagina dopo pagina, in un oscuro mistero. Comunque è certo che dopo quel sogno inizia il crollo fisico e psicologico di Yeong-hye, decisa e fragile come una scheggia di vetro. Chissà se lei riuscirà a riemergere dai suoi tormenti interiori o ne resterà vittima impotente? L’autrice ha mostrato una enorme capacità nel dosare una lingua rigorosa e ricercata attraverso la sua scrittura cristallina. Ad agosto una recensione apparsa sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung ha definito il suo libro “un capolavoro”. Io credo, invece, che i giudizi possano talvolta essere discordanti perché il romanzo divide, può piacere o meno, ma è impossibile che lasci indifferenti. Alla prossima!