In questo strano fine agosto 2020 ho deciso, quasi all’ultimo momento dato il clima di paurosa incertezza che ancora permane attorno a noi a causa della pandemia Covid, di trascorrere una manciata di giorni in un borgo italiano. Sentivo l’esigenza di spostare più in là il mio orizzonte e respirare qualcosa di nuovo, volendo rimanere nel mio Bel Paese. Ogni tanto occorre staccare la spina dalla quotidianità e ricaricare le batterie in luoghi vicini o lontani dalla propria comfort zone.

Quest’anno ho scelto Sestola, definita nelle maggiori guide “la Perla dell’Appenino”, essendo fra le primarie e rinomate stazioni turistiche invernali per via della vicinanza al Monte Cimone (2165 m s.l.m.). Nei giorni a disposizione ho avuto la piacevole occasione di passeggiare per il centro abitato, percorrere Corso Libertà e Corso Umberto I, le vie principali dello shopping, ammirare in via Cavalcabò l’ottocentesca Fontana del Forno, simbolo storico della cittadina e gustare alcuni piatti tipici della cucina dell’Alto Appenino Modenese all’Osteria il Forte, proprio di fronte alla Torre Campanaria e al suo portentoso rintocco di campane ad ogni ora in P.zza Albinelli.

Poi mi sono addentrata nella parte più antica del borgo, in un dedalo intricato di vicoli e casette in pietra fino a spingermi su un alto sperone roccioso dove sorge il Castello o Fortezza, risalente all’epoca longobardo-bizantina, oggi sede di raccolte di reperti archeologici e musei, tra cui quello della Civiltà montanara e quello degli strumenti musicali meccanici. Dalla sua torre merlata panoramica ho potuto godere di una vista spettacolare sull’intera cittadina fino a buona parte del territorio dell’Alto Frignano.

Data la sua strategica vicinanza sono giunta anche con la seggiovia e per un breve tratto con la funivia a Pian Cavallaro (1878 m s.l.m.), ai piedi del Monte Cimone e ho assistito affascinata al pascolo di splendidi cavalli allo stato brado.  È un luogo dove il silenzio è magico e, anche se solo per breve tempo, ho trovato la pace e la mia mente è stata libera di correre o di fermarsi. Ho sentito il vento accarezzarmi il viso e visto il potere  della natura sprigionarsi davanti a me.


Infine mi sono recata al piccolo ma suggestivo e frequentatissimo Lago della Ninfa, in località Passo del Lupo, facendo anche una sosta al Giardino botanico alpino Esperia a 1500 m di quota, oasi ecologico-didattica d’importanza nazionale gestita dal C.A.I. di Modena e visitabile da giugno a settembre. All’Esperia, oltre ad esserci una rigogliosa faggeta e un laghetto abitato dalle libellule, ci sono aiuole ben curate che ospitano, accanto a specie tipicamente appenniniche, molte piante alpine provenienti da catene montuose extraeuropee.

Cos’altro aggiungere se non che vorrei ricordare questa mia estate italiana in un piccolo borgo, lontano dal frastuono e dal tumulto delle mete più mondane, con infinito piacere perché mi ha aiutato a riscoprire il fascino nostalgico dei ritmi lenti che non ci possiamo permettere di perdere, essendo diventati ormai un tesoro troppo prezioso. Alla prossima!